…Vedo mio nonno, il giorno di Pasqua, a capo di una tavolata di una ventina di persone, e noi bambini relegati di là, in un’altra stanza, per poi essere ammessi sulle ginocchia dei nostri genitori solo nel momento finale quando, appunto, qualcuno portava in tavola le bottiglie provenienti da una vite i cui grappoli non finivano come gli altri alla cantina, ma venivano pigiati in casa, sotto il porticato di fianco al fienile, e il cui mosto avrebbe dato quel vino intenso, abboccato, un po’ torbido, che un sommelier forse non avrebbe mai osato consigliare ai suoi raffinati clienti, che per noi tuttavia rappresentava non solo una tradizione, ma il significato stesso di parole come”casa” e “terra”. Un vino che, scomparso il nonno, lasciata la terra, maritatesi le figlie in paese, nessuno di noi avrebbe più bevuto.
Racconti, Pier Vittorio Tondelli