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Immagine del redattoreEmilia Romagna Tour Guide

Aggiornamento: 1 ago 2022

“… il Lambrusco che bevvi dal parroco di Sorbàra, era chiarissimo, quasi rosa: profumato, secco, spumante, di fragile corpo. Non esistono, per i vini, leggi assolute. Sono esseri viventi, al pari di creature umane. Riescono come riescono: imprevedibili, vari, capricciosi. Il loro bello e il loro buono”.

Con questa frase, Mario Soldati in “Vino al Vino” descriveva in maniera sublime la bellezza del lavoro dell’uomo e l’imprevedibilità di un vitigno come il Lambrusco di Sorbara, considerato, al pari degli altri vitigni autoctoni modenesi, bruschi e rustici.

photo credit Instagram @calef86

Tanto tempo è passato da quella esperienza e oggi, questa piccola frazione di circa 3800 abitanti del comune di Bomporto, in provincia di Modena collocata tra il fiume Secchia e il Panaro in un terreno alluvionale sabbioso ha trovato un vero e proprio riscatto. Porta spesso un color rosso chiaro ma se vinificato in bianco con una pressatura soffice, mantiene un colore giallo scarico con leggeri riflessi rossastri e una fine, elegante, con una sostenuta freschezza specie se sapientemente lavorato in purezza.


Alcune autentiche espressioni:


photo credit Instagram @tiziano_cavallaro


Grazie alla sapienza di bravi produttori diversi per stile e approccio come Cantina della Volta, Paltrinieri, Bellei e Bergianti per citarne alcuni questo vitigno e vino non ha più niente di rustico e nemmeno la nomea di “umile champagne dell’Emilia”, ma può aspirare a gareggiare con i migliori spumanti al mondo!


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Aggiornamento: 15 lug 2022

Se stai visitando Modena e cerchi qualcosa di assolutamente unico, devi prenderti sicuramente del tempo per visitare un capolavoro dell’arte romanica del centro e nord Italia, il Duomo.

La posa della prima pietra avvenne il 9 giugno del 1099, in un momento in cui la sede vescovile era vacante: fu dunque la comunità cittadina a volere una degna cattedrale al fine di custodire le spoglie del Santo Patrono Geminiano (312-397).

Architetto del complesso fu nominato Lanfranco. L’apparato scultoreo fu invece commissionato a Wiligelmo. I lavori procedettero in fretta a partire dalle absidi, e, nel 1106 si poté traslare il corpo del Santo nella nuova cripta, alla presenza di Papa Pasquale II e di Matilde di Canossa mentre la consacrazione vera e propria avvenne per mano di Papa Lucio III nel 1184.

Alla fine del XII secolo intervennero alla fabbrica, sostituendosi ai seguaci di Lanfranco e di Wiligelmo, i Maestri Campionesi, che vi restarono sino almeno alla metà del Trecento, apportando importanti modifiche di gusto gotico come il rosone, le porte laterali in facciata, la Porta Regia su Piazza Grande, il finto transetto e la magnifica guglia della Ghirlandina.

photo credit Instagram @muhamadusman

Proprio in prossimità della torre Ghirlandina si apre la Porta della Pescheria o delle Donzelle, quella che, affacciandosi sulla via Emilia, accoglieva i viandanti e pellegrini (da qui il contenuto internazionale e pagano dei rilievi). Il nomi derivano dal fatto che lì si vendeva il pesce e che di lì entravano le donne per recarsi a messa.

La porta è decorata da un eccezionale apparato scultoreo fatto di curiose rappresentazioni dei mesi dell’anno: Gennaio concia il maiale, Febbraio si scalda al fuoco avvolto in una coperta, Marzo pota le viti, Aprile tiene in mano mazzolini di fiori, Maggio conduce un cavallo (era il mese in cui si iniziavano le guerre), Giugno taglia l’erba con la falce, Luglio falcia le spighe di grano, Agosto le batte, Settembre pigia l’uva dentro una botte, Ottobre versa il vino, Novembre semina e Dicembre prepara la legna. Si mostra così il ciclo senza fine delle stagioni, imprescindibili regolatrici della vita dell’epoca.


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Aggiornamento: 1 lug 2022

Il settecentenario dantesco è passato da un anno ma a Ravenna le celebrazioni dantesche non si fermano. Alla corte di Guido Novello da Polenta Dante trovò ospitalità e anche il giusto contesto dove rimanere affascinato dalla simbologia, e dalla spiritualità dei mosaici patrimonio unesco.

Nella notte tra il 13 e il 14 settembre 1321 Dante concluse la sua esperienza terrena, dopo aver contratto la malaria. Il suo corpo rimase per circa due secoli in un grande sarcofago proprio dove oggi sorge la tomba a lui dedicata (costruita dall’architetto ravennate Camillo Morigia nel 1780).

C’è però un mistero che aleggia intorno alle spoglie del sommo poeta...

photo credit Instagram @thetrue_giob.ph

Nel 1519 Papa Leone X Medici, accogliendo la richiesta di Michelangelo ed altri illustri fiorentini che richiedevano insistentemente le spoglie del loro concittadino morto lontano da casa, autorizzò una delegazione di fiorentini affinché prelevassero le ossa per riportarle a Firenze. Michelangelo aveva preparato una bellissima tomba per Dante in Santa Croce.

I frati francescani, che si son sempre ritenuti i custodi materiali delle ossa e spirituali, delle ultime volontà di Dante, venuti a conoscenza del fatto praticarono nottetempo un buco nel muro interno al convento e a seguire nel sarcofago e prelevarono le ossa, nascondendole.

Furono casualmente ritrovate in un punto a lato del cosiddetto Quadrarco del Braccioforte, in una piccola cassetta in legno, che riportava nome e data dell’ultimo controllo fatto da un frate.


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