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Immagine del redattoreEmilia Romagna Tour Guide

Assaggi – Bodega Tacama

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Divino Andino – Il Romanzo

Colpiva l’attenzione soprattutto il modo con cui era stato lavorato il terreno.Pareva che le strade in terra battuta che lo attraversavano fossero sopraelevate, ed in effetti lo erano lasciando i filari in una conca rettangolare profonda un metro.E’ una tecnica “a risaia” antichissima, adottata dagli spagnoli direttamente dalle popolazioni precolombiane autoctone con lo scopo di immagazzinare grandi quantità d’acqua in una determinata superficie in pochissimi giorni evitando sprechi.

La vendemmia viene effettuata manualmente, da operai specializzati che provengono principalmente dalla Bolivia e dal Nord del Perù, mentre l’agronomo e l’enologo insieme hanno il difficile compito di stabilire il momento esatto in cui c’è una piena maturazione dell’acino sia con uno sviluppo completo dell’acidità che con il giusto grado zuccherino, impresa non semplice da fare visto che la maturazione dovuta alle particolari condizioni climatiche avviene molto velocemente.Dopo un passaggio veloce nella cantina, tra muri di cemento vetrificato e un alambicco industriale per la distillazione del Pisco (l’onnipresente Demonio de los Andes è una marca economica che viene prodotta proprio qui e distribuita in tutto il Paese) tornammo al salone dove fummo invitati a sederci in spaziosi tavoli rotondi per l’assaggio dei vini…Un bravo catador poi, riconosce fin da subito, dal colore e dai riflessi in superficie se il prodotto è valido o meno

Supportato dalle analisi chimico fisiche del tecnico, si deve constatare la trasparenza più assoluta senza alcun riflesso verdognolo, che potrebbe derivare dal rame, e ne identificherebbe chiaramente un difetto.

Interessante notare il primato, come mi insegna l’Ingegnere, che il Pisco peruviano ha rispetto a tutti gli altri distillati del mondo.

Normalmente questi si attestano su una gradazione alcolica di partenza tra i 70 e gli 80 gradi e vengono portati a 40 aggiungendo acqua; nel caso del Pisco questo processo non avviene ma si effettuano due livelli di distillazione, il primo individuando un “cuore” con una gradazione media intorno ai 73° che forma la parte di acquavite che verrà allungata successivamente con un’altra distillazione di prodotto che si attesterà sui 28° circa.

Per quest’ultima operazione occorrerà aggiungere una piccola percentuale di mosto fresco alla coda della prima distillazione, fermatasi intorno ai 40°.

A questo punto si potrà utilizzare il risultato della seconda distillazione per abbassare il grado alcolico della prima, ed è in questa operazione che si realizza l’unicità del Pisco: un prodotto finale di 41° medi ottenuto senza diluizione con acqua, quindi preservando interamente tutti gli esteri dell’uva di origine.

Come fase finale, sono necessari almeno 3 mesi di affinamento in barili di acciaio o vetro, ma non legno, tanto preferito dalle acquaviti europee, che avrebbe l’effetto di alterare le caratteristiche intrinseche del prodotto.

Durante questa fase si realizzano una serie di reazioni chimico fisiche che stabilizzano il distillato, smussando l’aggressività dell’alcool.

L’ingegnere a quel punto fece schioccare le dita e con un cenno indicò al cameriere di apparecchiare di fronte a noi l’intera linea di produzione, che comprendeva anche semi preparati per la miscelazione aromatizzati al limone.

Il cameriere si affrettò a stendere quattro bicchierini a tulipano a testa e mettere al centro le bottiglie, per favorire l’assaggio; a quel punto il signor Josè ne prese una di Pisco Mosto Verde e ce la versò.

<<Deve sembrare come l’acqua>> ripeté giocando con il bicchiere tra le mani e facendogli passare attraverso la luce, per scrutare la sua limpidezza.

Era l’approccio visivo al prodotto, quello iniziale, che potrebbe mostrare già qualche difetto.

Lo annusò e diede due piccoli sorsi, quanto è sufficiente a un valido assaggiatore per dare un giudizio sulla qualità.

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