Assaggi – Il Pisco e il Catador
DIVINO ANDINO – IL ROMANZO
“….Banane e uva, ad appena 10° dall’equatore….”
Mi resi conto che il Perù, pur affacciandosi al panorama vinicolo americano con entusiasmo, soffriva in quanto a qualità per quello che invece dovrebbe essere considerato un bene inestimabile come la ricchezza del suolo e del clima.Notavo che condizioni talmente ideali per l’agricoltura erano un limite alla produzione di vino di qualità, in quanto era praticamente impossibile contenere la crescita e lo sviluppo dei grappoli, con un formale aumento quantitativo di zuccheri, polpa e altrettanti fattori che sicuramente darebbero del filo da torcere anche all’enologo più esperto in cantina.Una conferma di questa idea mi arrivò poco dopo, nella terza e ultima cantina della giornata.Arrivai al tardo pomeriggio, ma riuscii comunque a visitare il vigneto mentre il sole che si stava abbassando colorava il cielo di toni caldi.Una delle varietà più coltivate è la Quebranta, che viene usata in particolare per produrre un mosto da distillare in Pisco.
Evoluzione della varietà Negramoll delle isole Canarie, fu forse una delle prime ad essere coltivate in queste zone ed oggi è considerata autoctona perché dopo centinaia di anni di evoluzione e adattamento al suolo delle regioni di Ica, è cresciuta talmente tanto in dimensioni da “quebrar“, rompere il tralcio che la sosteneva.Da qui il suo nome, Quebranta appunto, un vitigno con caratteristiche nuove, diverse dalla varietà di partenza.Immagino la ricchezza di polifenoli che una simile uva può contenere nella polpa e nelle bucce e realizzo che la vera ricchezza vitivinicola del Perù, non è il vino in quanto tale, ma il Pisco, il distillato di vino la cui caratteristica qualitativa più importante consiste proprio nel poter ritrovare al gusto e all’olfatto le caratteristiche varietali dell’uva con cui è stato prodotto; compito sicuramente facilitato dalle prorompenti qualità dell’uva coltivata.
La bodega, manco a farlo apposta si chiamava curiosamente “el Catador”, l’assaggiatore e sta in un antico fondo chiamato Tres Esquinas; fondata nel 1856, oggi é costituita da 10 ettari di terreno vitati.Conservo ancora oggi un biglietto da visita di questa struttura che mostra le specialità gastronomiche che propongono nel ristorante turistico e incastrato tra questi e una elegante scritta rossa del nome del locale c’è il marchio della “Ruta del Pisco”…
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Un bravo catador poi, riconosce fin da subito, dal colore e dai riflessi in superficie se il prodotto è valido o meno.Supportato dalle analisi chimico fisiche del tecnico, si deve constatare la trasparenza più assoluta senza alcun riflesso verdognolo, che potrebbe derivare dal rame, e ne identificherebbe chiaramente un difetto.Interessante notare il primato, come mi insegna l’Ingegnere, che il Pisco peruviano ha rispetto a tutti gli altri distillati del mondo.Normalmente questi si attestano su una gradazione alcolica di partenza tra i 70 e gli 80 gradi e vengono portati a 40 aggiungendo acqua; nel caso del Pisco questo processo non avviene ma si effettuano due livelli di distillazione, il primo individuando un “cuore” con una gradazione media intorno ai 73° che forma la parte di acquavite che verrà allungata successivamente con un’altra distillazione di prodotto che si attesterà sui 28° circa.Per quest’ultima operazione occorrerà aggiungere una piccola percentuale di mosto fresco alla coda della prima distillazione, fermatasi intorno ai 40°.A questo punto si potrà utilizzare il risultato della seconda distillazione per abbassare il grado alcolico della prima, ed è in questa operazione che si realizza l’unicità del Pisco: un prodotto finale di 41° medi ottenuto senza diluizione con acqua, quindi preservando interamente tutti gli esteri dell’uva di origine.Come fase finale, sono necessari almeno 3 mesi di affinamento in barili di acciaio o vetro, ma non legno, tanto preferito dalle acquaviti europee, che avrebbe l’effetto di alterare le caratteristiche intrinseche del prodotto.Durante questa fase si realizzano una serie di reazioni chimico fisiche che stabilizzano il distillato, smussando l’aggressività dell’alcool.
L’ingegnere a quel punto fece schioccare le dita e con un cenno indicò al cameriere di apparecchiare di fronte a noi l’intera linea di produzione, che comprendeva anche semi preparati per la miscelazione aromatizzati al limone.Il cameriere si affrettò a stendere quattro bicchierini a tulipano a testa e mettere al centro le bottiglie, per favorire l’assaggio; a quel punto il signor Josè ne prese una di Pisco Mosto Verde e ce la versò.<<Deve sembrare come l’acqua>> ripeté giocando con il bicchiere tra le mani e facendogli passare attraverso la luce, per scrutare la sua limpidezza.Era l’approccio visivo al prodotto, quello iniziale, che potrebbe mostrare già qualche difetto.
Lo annusò e diede due piccoli sorsi, quanto è sufficiente a un valido assaggiatore per dare un giudizio sulla qualità.
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